Risulta palese che la medicina alternativa si basa su un falso ideologico, ovvero: se il paziente versa le sue aspettative in una determinata cura, non si può non avere prova certa che essa abbia le caratteristiche intrinseche che egli cercava, quale l’eliminazione o evidente riduzione del sintomo, che rimane tuttavia compito del medico e non del consulente. Il medico ha il compito di somministrare in base ai dati a sua disposizione, il rimedio migliore per la remissione del sintomo lamentato dal paziente: nel campo della medicina alternativa questo non può accadere. Qualsiasi comportamento che anche ne imiti l’attitudine rischia la denuncia per abuso della professione medica. Le cure alternative possono essere strumenti utili certamente, ma sono dipendenti da fattori incontrollabili, non ripetibili e non imputabili al rimedio stesso. “Le convinzioni sono nemici della verità, più pericolosi delle menzogne”.Friedrich Nietzsche
Il motivo di tale accettazione è principalmente dovuto all’indotto economico che i rimedi naturali e le cure alternative garantiscono. Si veda soprattutto i produttori di integratori (molti di essi sono gli stessi dei farmaci). Condurre uno studio scientifico valido che miri a mostrare l’efficacia di un qualsiasi rimedio, necessita di migliaia se non decine di migliaia di volontari, una durata di diversi anni e, ovviamente, costi stratosferici che si avvicinano al mezzo miliardo di dollari per ottenere la sua approvazione sul mercato. Per i colossi dell’industria (gli unici a poter impegnarsi in tale spesa) si traduce in una missione che non vale la pena iniziare, soprattutto se il sistema di cura potrebbe confermarsi fondato sulla suggestione e sulla auto-guarigione; anzi, sarebbe pure controproducente per chi finanzia la ricerca. Per motivi fondamentalmente economici, numerosi sistemi di cura e di prevenzione all’infuori dell’ambito medico vengono divulgati e venduti come tali senza aver alcun tipo di studio che ne confermi la validità, vedi l’omeopatia, i fiori di Bach o il Vegatest, giusto per citare alcuni esempi che continuano a produrre grossi introiti. Si veda anche gli innumerevoli e spesso del tutto inutili integratori, dove noti marchi garantiscono introiti da capogiro. Nuovi sistemi di cura “naturali” sorgono ogni giorno. Ne vengono dichiarate le loro origini all’interno di antichissime civiltà: si sente parlare di medicina tibetana, cinese o indiana. Molte persone, attratte ed inclini al fascino esotico supposto da “ciò che è antico è saggio”, si rivolgono ad esse credendo di aver trovato la chiave di volta. Spesso è proprio la storia o la descrizione commerciale che colpisce la fantasia del cliente e che lo porta ad avvicinarsi ad un rimedio. È anche molto frequente che quelle stesse persone, all’aggravarsi purtroppo del sintomo si rivolgono poi alla cura tradizionale allopatica, alla ricerca di un farmaco che possa ridurre il dolore, che sia “più forte”. Così viene a galla il corto circuito: prima di tutto si è perso del tempo prezioso che poteva essere utile per una cura farmacologica, ed in secondo luogo, che sia medicina tradizionale o alternativa, il cliente pone ancora una volta tutte le sue aspettative sul rimedio, delegando le sue responsabilità.
Il tutto quindi si riduce alla somministrazione di sostanze, basando le proprie aspettative su un qualche potere terapeutico della sostanza stessa che possa in definitiva sostituirsi all’organismo e assumersi quindi il processo di guarigione. Tutto ciò ci ricorda la favola “dell’elisir di lunga vita”. Esistono migliaia di rimedi nel mercato dei prodotti naturali di libera vendita: estratti, fluidi, preparati, tisane, integratori, il mondo dell’erboristeria ne è ricchissimo così come il suo business. In realtà, anche molti farmaci di sintesi e sottoposti a prescrizione, derivano da principi attivi presi in prestito dalla natura e dalle piante.
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