Gli studi di Bèchamp e Bernard nonostante fossero illuminanti tutt’ora, dal punto di vista della fisiologia non trovarono l’accoglimento che avrebbero meritato tra l’establishment medico intellettuale dell’epoca. Quest’ultimo, spinto probabilmente dall’ignoranza o dal tornaconto, enfatizzò di buon grado la teoria del Pasteur all’interno della divulgazione accademica.
Obiettivamente i batteri erano certo un problema; parliamo di una società che si andava industrializzando e inquinando in fretta, dove la morte sovveniva diffusamente per febbre, per amputazione o per banalissime infezioni. Ma ciò era dovuto principalmente alla mancanza d’igiene; il sistema fognario e l’importanza della pulizia dei luoghi e della cura personale erano concetti che si svilupparono molto più avanti. Le città erano cloache a cielo aperto e gli ospedali erano -come forse lo potrebbero essere ancora- scadenti in termini di pulizia: luoghi tetri e malmessi ove il degente non sapeva se sarebbe uscito sui suoi piedi…
Nell’Ottocento, i primi esperimenti con gli anestetici erano visti come un’assurdità: era preferibile far ubriacare il paziente, tenerlo fermo da uomini ben piazzati, oppure addormentarlo con un bel colpo in testa. È emblematico il fatto che solo dopo migliaia di decessi tra le puerpere si comprese che la causa derivasse proprio dalla scarsità d’igiene dei medici che trattavano le pazienti, affermazioni che arrivarono dall’anatomista Oliver Welness Holmes, e dal medico Ignàc Sommelweis. Quest’ultimo, che non fu creduto dai suoi colleghi, morì emarginato in un ospedale psichiatrico in preda alla pazzia.
È importante sapere che durante quegli anni e fino a non molto tempo fa (ed in alcuni casi forse ancora oggi), l’uso incontrollato di sostanze nell’aggressione del sintomo era un caposaldo della scienza medica: parliamo di arsenico, acido cianidrico, oppio, chinino, cloroformio, e molti altri potenti veleni. Il mercurio (o il calomelano), che era usato al posto dell’attuale penicillina, veniva spesso somministrato in dosi massicce e spesso mortali. Il salasso, che era visto come una panacea fin appunto dall’epoca dei Romani, veniva ancora effettuato nel caso di emorragie, apoplessia, tubercolosi, gravidanza e perfino come attività di prevenzione dalla febbre. Bagni in spirito di ammoniaca, uso del laudano, morfina ed altre sostanze fortemente velenose, venivano addirittura somministrate per più dosi al giorno per diversi giorni; era d’uso far assumere ai bambini dei sedativi per renderli tranquilli. Oggi potremmo anche affermare che la vera causa di morte riguardo peste, tifo, polmonite, scarlattina, colera, difterite, vaiolo, non erano le malattie ma l’errata cura di esse e dei loro sintomi. L’uso estremo della chirurgia non fece altro che vandalizzare il corpo umano attraverso milioni di operazioni chirurgiche, ovviamente spessissimo del tutto inutili.
Nel secolo XX ci fu la scoperta del medico Alexander Fleming, che in maniera casuale scoprì l’attività antibiotica della muffa (1928), ponendo le basi per tutti gli studi riguardanti l’attività dell’antagonismo batterico e della creazione ovviamente dei farmaci antibiotici. Si susseguirono gli studi sui principi attivi e subentrò la scoperta del potere terapeutico delle sostanze con Oswald Schmiedeberg; con il perfezionamento della farmacologia, si susseguì quello della chirurgia grazie alla suddivisione in molteplici discipline di studio e sperimentazione.
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