Quasi tre milioni di donne (12,6%, contro il 7,8% dei maschi) solo per tranquillanti e ansiolitici, ovvero i più diffusi. A seguire abbiamo i sonniferi (2,6 milioni di persone, il 5,8% della popolazione) e gli antidepressivi (2,4 milioni di persone, il 5,4% del totale). I dati sopra sono relativamente bassi rispetto all’uso molto più forte che se ne fa in US.
Gli effetti collaterali devastanti che hanno questi farmaci sull’organismo vengono nascosti sotto il tappeto (comprese le denunce dei consumatori verso i produttori, che sono migliaia ogni anno)
sensazione di agitazione, tremori, o stati d’ansia. indigestione e dolori allo stomaco. diarrea o difficoltà ad andare in bagno (costipazione) perdita di appetito. vertigini. difficoltà a dormire (insonnia) o sonnolenza. mal di testa.
e tanti altri…
Non si mette in dubbio il fatto che il farmaco sia utile quanto un estintore in caso d’incendio. A qualsiasi livello, i farmaci salvano la vita se pensiamo alle emergenze o agli incidenti.
Tuttavia, nel caso degli psicofarmaci, ci sono stati riscontri evidentissimi del collegamento con lo stile di vita. A partire dallo stress di un lavoro che non piace, fino ad arrivare alla completa depressione e voglie suicide, spesso le terapie più di successo sono state quelle che includevano depurazione (pulizia intestino, alimentazione, ecc…) e attività fisica.
Certamente, è molto più facile alzare il braccio e aprire la bocca piuttosto che indossare i pantaloncini e correre per dieci km…! Eppure, quando si prende in pugno la propria vita, ci si rende anche responsabili e protagonisti del cambiamento e di come si vuole condurre nel meglio la propria esistenza.
Delegare la salute ad una pastiglia a qualsiasi livello è sempre un gesto che toglie energia, de-responsabilizza, intossica ed allontana sempre di più dall’obiettivo.
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