Debellare il sintomo così come la malattia è una illusione poiché essi sono gli unici strumenti logici e ben organizzati grazie ai quali l’organismo tenta di perfezionarsi e di sopperire ad una mancanza. Tuttavia, ieri come oggi accade che la lotta al sintomo è una vera e propria guerra dove le armi a disposizione della medicina interventista sono sostanzialmente farmacologia, chirurgia e radioterapia. Esse sono tecniche utilizzate in maniera pressoché standardizzata in tutto il mondo, cioè uguali per tutti. Se per un attimo pensiamo che lo stato di malessere o benessere è a volte indefinibile e del tutto personale, con sfumature in numero quanto gli esseri umani sulla Terra, questo orientamento risulta a lungo termine controproducente. Certamente, se parliamo delle vite salvate nelle emergenze abbiamo sicuramente guadagnato tantissimo rispetto a quanto avveniva un paio di secoli fa. Ma per la terapia medica di base, le cose non tendono a cambiate radicalmente rispetto al passato, se non per il continuo e incrementale uso di farmaci.
Al di fuori degli ottimi medici che conoscono e divulgano l’importanza dello stile di vita, il paziente ha un ruolo marginale e non deve partecipare al processo di guarigione, bensì accettare quanto il professionista dichiara e sceglie di somministrare per lui, nel giro di pochi minuti. Migliaia di volte al giorno nel mondo vengono date sentenze di morte a scadenza (pensiamo al classico “ha sei mesi di vita…”). Non c’è niente di più deleterio per colui che si trova dall’altro lato, inerme, con il dolore e la paura, a dover accettare qualsiasi terapia pure ricca di controindicazioni, a volte anche potenzialmente letali. Questo atteggiamento chiaramente provoca nel paziente una grossa perdita di forze e di autostima che invece sono proprio le armi principali di cui egli meglio dispone per guarire. Secondo l’approccio interventista, in sintesi, i caratteri unici e irripetibili della personalità del paziente vengono messi da parte e non partecipano al processo di guarigione. Tuttavia, la forza psicologica, quale motivazione intrinseca al raggiungimento di un obiettivo, non può essere confinata per far finta che sia cosa inutile.
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