La storia della medicina, intesa come cura del corpo è forse vecchia quanto l’uomo. Egli prendeva spunto dalla natura e dagli animali che utilizzavano piante e minerali per utilizzarne le loro capacità terapeutiche. La cura era inizialmente basata puramente sull’istinto per poi approdare nel corso dei secoli alla definizione di malattia, nel tentativo di individuarne l’origine e le cause. Stregoni e sciamani, cosiddetti uomini di medicina, furono quei profili che iniziarono a delineare quella linea di confine che divideva il paziente dal guaritore, dove la malattia era spesso definita come conseguenza di eventi superstiziosi o demoniaci. Nella storia antica egizia e cinese invece, abbiamo prove dell’esistenza dell’arte medica già in tempi non sospetti, grazie all’uso di strumenti chirurgici e rimedi botanici con effetti medicinali seppur rudimentali.
Le conoscenze si ampliarono indubbiamente grazie al contributo della tradizione medica greca, che si allontanò dal concetto magico-religioso per avvicinarsi ad una metodologia più empirica e razionale. Le prime storie di medicina risalgono a Ippocrate (400 a.c. circa) che predicava il “vis medicatrix naturae”, ovvero che la natura possiede i mezzi per auto-curarsi; egli inoltre affermava che l’origine stessa della malattia, è dovuta allo squilibrio interiore che regola gli umori del corpo. Tra i naturopati anche odierni, Ippocrate è celebre tutt’ora per i suoi innumerevoli aforismi, uno dei quali spicca e ci ricorda: “la medicina più grande di tutte è insegnare alle persone come non averne bisogno”.
Nella storia della cura, erano famosi i cosiddetti salassi (in uso addirittura fino ai primi anni del XX secolo) e rimangono alcune prove dell’esistenza dei primi ospedali. I romani diedero probabilmente un forte contributo grazie alle pratiche di chirurgia primitiva che nascevano dall’esigenza di assistere i soldati; non vi erano scuole di medicina e chiunque poteva riconoscersi e qualificarsi medico.
Con strabiliante attualità, Pliniodisse: «I medici imparano a nostro rischio e pericolo e fanno esperimenti con la morte; soltanto il medico gode di impunità completa quando ha provocato la morte di qualcuno…».
Con il passare dell’epoche, risalta la figura di Galeno, al quale viene riconosciuto lo studio delle specializzazioni nel campo medico. Dopo la caduta dell’Impero Romano, nascono nel medioevo i primi bagliori della medicina come oggi la conosciamo, disciplinata soprattutto grazie al lavoro dei religiosi che tramandavano cultura; da questi si svilupparono la scuola araba e salernitana, ed alla fondazione delle prime università.
Nel Rinascimento, grazie all’invenzione della stampa a caratteri mobili, venne definitivamente abbandonato il punto di vista degli antichi maestri quali Ippocrate e Galeno, per promuovere un nuovo tipo di divulgazione fortemente legata al metodo scientifico, ovvero l’osservazione dell’anatomia umana che a sua volta, avanzava a passi da gigante.
Uno spartiacque probabilmente importantissimo avvenne grazie all’invenzione del microscopio. Si poté così identificare la cellula come organismo vivente e furono scoperti i batteri; si posero le basi per quella che oggi viene conosciuta come microbiologia. Risalta la figura del chimico Louis Pasteur, che attraverso i suoi studi sulle fermentazioni osservò come i micro-batteri avessero un ruolo fondamentale nello sviluppo della malattia, ovvero la patogenesi.
Alla figura di Pasteur nello stesso periodo, si contrappose il medico Antoine Béchamp, sostenitore della teoria del pleomorfismo: i batteri non sono la causa della malattia, bensì una parte indistruttibile e sempre presente della materia vivente, che si può trasformare e proliferare in base alla qualità dell’ambiente circostante, ovvero il corpo stesso.
Un altro pioniere della fisiologia è stato Claude Bernard, al quale si attribuisce il fondamento della medicina sperimentale, della biomedicina e della nozione di “milieu interieur”. Egli approfondirà il concetto di omeostasi e di terreno, ovvero la relazione dell’organismo nel suo adattamento all’ambiente. Egli disse: «La costanza dell’ambiente presuppone una perfezione dell’organismo tale che le variazioni esterne sono ad ogni istante compensate e tenute in equilibrio…»
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